Litigando

mancammo dappertutto
nelle frasi ad angolo d’una tabaccheria dove finimmo incapaci più di un come a tirarcele
le nostre pietre pomici rotonde dei giorni foreste e sobborghi isterici
che a trovarci fu il tempo d’un bacio perdio bellissimo dentro il respiro d’un portone
mentre il tram andava a descrivere il giorno
mancammo alla nuvola che ci spostava
al teatro pieno e vuoto dei pesci che sparivano nelle parole
ai passanti pulviscoli d’oro invisibili scale di uccelli matematici che ci spiavano dai tetti
mancammo alla città
che nuda si impigliava in una giostra d’acqua e pietra da urlarci dentro un nome di pane e saliva
urto della fonetica alla lingua che faceva il pianto del cuore
corpo del verbo amare
dove
non mancammo mai
neanche un secondo
io e te
nel nome di rosa e spina benigna
tagliando netto la fiamma del tempo
che ci tratteneva con la mano sicura
al centro della schiena

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