affondare le mani, dici, fino ai gomiti: per esaurire il senso effimero dell’esistenza
e stare in grazia di tutti gli accidenti da sé soli, a rotolarsi l’animo di mille meraviglie;
ché non t’importa un dio dentro la pioggia, non un motivo che divini un frutto
una pozzanghera per trasumanar:
morire, dici, con maggior dignità, senza preghiera.
Eppure sento una disposizione affatto effimera alla vita:
che il senso della vita sia la vita stessa
nel miracolo d’un sole che scompare:
e mi domando la forma dei cieli
e il nome di una stella per dividermi
e mi domando ancora cosa tocco, se tocco:
cosa mi arriva ai gomiti del fango
dove lo perdo il sole che declina?