Sophora

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Io sono l’eclisse sferica del pregiudizio
il trauma che affligge la paresi dei re

Ascolto il canto del gallo al terzo singulto
E scolpisco tradimento sulla bocca dei fiori

Il rame mi veste in natura;
E già che sono nato a un terzo
infliggo il sapere storpio della derisione

[non sono che un girino in fondo al pozzo]

Padre:
cardine rotto
il collo sfrega su una sciabola di epiteti
E io non trovo mai il necessario per sospirare una pena
a te, che passi da cuspide ad ombrello
in quei giorni di sole

Tu, che giudichi dal letto della sophora
e con ossa di polvere annaffi fogliame mortale
laddove radici ti tendono
splendente come un cervo di marmo

io non sono.
Poiché nutro il dilemma
Poiché attingo le braccia
in un cuore che finge

E che non lascia spazio
al di fuori di questo
acquitrino di pozzo
e di confine

 

 

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