Ombre

L’orco mi allaccia le costole
col suo rintocco di carezza ferrea
aggiungendo una tacca all’agonia
dove personaggi inquietanti ancora oggi
si muovono come ronde sulla criniera dell’onda
con a capo il grassone che porta pantaloni
alla vita, stretta, col sorriso sdentato,
snocciolando la lingua come fosse uno scarto
di un frutto cresciuto sterile.

Il mio amico saggio come un ciuco disse:
svuotati le vertebre come fossero ossi buchi
e fatti cucchiaio per raccogliere la paura
quando il viso trabocca derisione,
non preoccuparti della frasca che oscilla
tra un emisfero e l’altro.
Quando cesserai di osservarla si placherà,
tanto che il sole si stenderà come un cencio
sulle tue mani dischiuse
mentre i raggi scacceranno l’ombra e la fronda
che ancora frusciano al vento.

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