PICCOLA NOTA SU “CASE SEPOLTE” DI PIETRO ROMANO

Se non veniamo alla luce, allora sarà stato tutto inutile. Continueremo ad esser malati. Affetti da questo senso di smarrimento che inizia quando si perde l’innocenza. Con la caduta dei ruoli, si perde ogni riferimento. E cosa resta al poeta se non ritagliarsi un luogo di “esilio e scontentezza”? Un luogo piccolo, modesto, disadorno, dove è unica la finestra che si affaccia sul mondo. Per evitare di stare troppo esposti a tutte quelle “voci senza pronuncia”, a quelle teste senza volto, a tutta la fantasmagoria che mettono in scena i “praticanti” della vita, quelli convinti di aver messo radici nel loro conto corrente. Allora occorre non farsi catturare, diventare “sciame”, praticare l’erranza di chi vive un’utopia critica che sa di dover preservare come un tesoro raramente condivisibile. Queste poesie dal verso lungo, queste “trame minute”, sono per me un dolcissimo distillato se pensiamo che la “Cantina” ha aperto solo nel 1994. Dico davvero. È bello sapere che uno di quei “giovani” tanto disprezzati da un sistema che tenta, come Don Gesualdo, di portarsi “la roba” nella tomba, sia l’autore di queste parole che sono ascrivibili a quel genere definito “sapienziale”. Bello trovare corrispondenze affettive, quesiti davanti a personali sofferenze, che sì, sono le tue, ma sono anche le mie. Trovarci d’accordo sul fatto che se questo è Matrix, qualcuno ci ha nascosto la matrice, ha “disboscato” la nostro origine, e cospira ad incantarci con “un canto dimentico del suono”. Mentre noi portiamo avanti gravidanze piene di mancanze, che ci tengono a mezz’aria come qualcosa di gassoso che non riesce a sublimarsi in altro. Bel libro. Ma ancor più bella la sorpresa di un mio conterraneo dal pensiero così “nobile”.

Oggi la poesia mi rifiuta
Oggi la poesia mi rifiuta. Straripa di morti. Geometria di ombre rovesciata. Forse scrivere, o non scrivere più. Fugge adesso come allora il bambino: sono un bruto quando, penna impugnata, seppellisco morti nel duro ventre di un verso.

 

Pietro Romano (Palermo, 1994) si è laureato in Italianistica presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna con una tesi su Nino De Vita. Ha pubblicato alcune raccolte poetiche, tra le quali Fra mani rifiutate (I Quaderni del Bardo, 2018) e Case sepolte (I Quaderni del Bardo, 2020- pref. di Gian Ruggero Manzoni, postfazione di Franca Alaimo), quest’ultimo classificatosi tra i libri finalisti del Premio Mauro Prestigiacomo. I suoi versi sono stati tradotti in russo («Мой дом — до молчанья», “La mia casa è prima del silenzio”, Free Poetry, 2019, con pref. e traduz. di Olga Logoch, collana di poesia italiana a cura di Paolo Galvagni, traduzione di Fra mani rifiutate), greco, catalano e spagnolo, e inseriti nell’antologia Le parole a quest’ora (Free Poetry, 2019, a cura di Paolo Galvagni).

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