Cosa fa di un verso, una poesia? Cosa rende un uomo, anche un poeta? Sono queste le domande da porsi al termine di Affreschi strappati, terza pubblicazione di Giuseppe Settanni, arrivata un po’ insieme alla stessa maturità anagrafica dell’autore. Forse perché, già dal titolo, si avvertiva un senso di rottura, un piccolo momento – o motivo? – di ribellione, un’inquietudine non ancora risolta, ma finalmente rivelata. Come fece l’immenso Montale negli ultimi anni di vita e in risposta a coloro che incessantemente chiedevano cosa la poesia fosse, quale atto – umano o divino – la rendesse tale, dopo questo libro è lecito ancora domandarselo. Se lo chiede il lettore, ma ancor prima l’autore. Poiché è l’autore il primo destinatario del suo stesso poiéin. Poiché la riflessione sul linguaggio, determinante nella poesia di Settanni, qui diventa umanamente urgente. Poiché da questi versi emerge prepotente una curiosità nuova, rinvenire chi si cela dietro la poesia, e poi ancora dietro il poeta. Come in un gioco di scatole cinesi. Come se la poesia, l’arte, si potessero spiegare empiricamente. O psicanaliticamente.
Ilaria Triggiani
*
la ragnatela appesa al ramo del castagno
e i capelli genuflessi
il passaggio è aperto ma
sembra un’arpa in decomposizione
ammutolita dal troppo rumore
la bocca si è sciolta tempo fa
nei vigneti di mio nonno
bruciati dalla fatica
un invito
a cui ora non so più rispondere
*
come giustificare la nostra
disarticolazione?
ci profondiamo in formalismi
ci soppesiamo
possibile che non ci scuota
il desiderio di rapina?
è matematica distante, il nostro amore
staticità
potrebbe durare secoli
e non aprirsi mai
*
cosa custodisci
sotto le tue dimenticanze?
sfiorami appena,
abbiamo un vangelo tutto nostro
a immagine e somiglianza
dell’irreparabilità
*
nel senso che
una volta o l’altra
dovrete partire
e non sarà banale
trovare il lasciapassare
qui cresce un orticello
fatto di mattoni
aiutatemi a tenere pulita la siepe
nell’attesa della neve
*
né avremmo potuto affievolirci
nelle inesattezze del dormiveglia
o prima di un salto attutito
al saluto non credo più,
è quello che si attacca sulle unghie
a mantenermi in vita
torna presto
prima di adesso
*
Giuseppe Settanni è nato a San Giovanni Rotondo (FG) nel 1981 e vive a Fano (PU). Laureato in Giurisprudenza, è avvocato e docente universitario presso l’Università di Urbino. Ha pubblicato la silloge poetica Blu (Edizioni Ensemble, 2019 – Premio A.F.Pecci) e, da ultimo, la raccolta Affreschi strappati (Edizioni Ensemble, 2022). Con la poesia Fratture non scomposte è risultato vincitore al Premio Nazionale di Poesia Inedita Ossi di Seppia 2019 e con la lirica Il museo delle mancanze ha vinto il Premio Ariodante Marianni 2020; il suo testo Delirio dell’amore bestiale, invece, gli è valso il Premio Roberta Perillo al Concorso Ciò che Caino non sa 2020, mentre con la composizione Il richiamo è risultato vincitore assoluto al Premio Besio 1860. Ha ricevuto il Gran premio della giuria nel concorso I colori dell’anima (con In un logaritmo) e la sua poesia visiva Dialoghi è stata esposta alla Biennale di arte contemporanea “Luglio a Palazzo Merizzi 2021”. Suoi testi sono pubblicati su vari blog e siti letterari, quali Poesia del nostro tempo, La presenza di Erato, Calcio alla poesia, Margutte, L’Altrove, l’angolo Poesia del quotidiano La Repubblica, Inverso – Giornale di poesia, Poliscritture, l’Angolo degli inediti di Stampa 2009, Poetry factory e Le stanze di carta.
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2 Comments
Le poesie dell’Autore le ho apprezzate tantissimo.
E’ un libro che accoglie la consapevolezza di una esistenza precoce e veloce ,a al tempo stesso reale. In alcune poesie, l’Autore mi è sembrato “diretto” a evidenziare la sostanza di ciò che ci circonda e di quello che ci appartiene piuttosto che ai cliché dei formalismi in cui spesso ci attanagliamo. Super consigliato!!!
Io ci vedo , nelle poesie di Giuseppe Settanni , tutta l’inquietudine e la vacuità di certi aspetti del nostro tempo…e il desiderio di ritrovare le vere essenze della vita…