CONTARE

Solcare la minestra col cucchiaio
tanti giri quanti gli anni
che ho compiuto
arrivare a cinquantadue
e ricominciare
ogni giro un anno
un ecatombe di figurine
su cui si chiude l’onda
delle verdure, una morìa
di odori di persone dissolte cimici
schiacciate che gridano così
ferendo le orecchie con l’olfatto
cinquantuno cinquantadue uno
bocche che parlano
senza più suono
e io chiamerei cristo in persona
per farle parlare ora
se cristo fosse un otorino
ricordo Anna che aveva sotto il petto
da non riuscire a respirare
tutta la mole immensa
di due miseri bocconi
anche se al di là di tutte le teorie
non facevano più di cento calorie
e la vicinanza che non provavo
ha attraversato trent’anni
e due quartieri per sedersi
a soffiare con me sulla minestra
che solco col cucchiaio
tante volte quanti gli anni
che ho compiuto, l’ho già detto,
ora mangiamo.
Mietiamo e deglutiamo con suono
di clessidra e intanto credi,
io non ho sempre contato;
per migliaia di notti
mi sono consegnato al sonno
lasciando che scegliesse da sé
il giorno in cui portarmi
e ho tenuto sul petto
i miei figli addormentati
e i genitali della madre
che li aveva partoriti
odoravano forte
dell’inizio di una storia
coraggiosa
d’ignoranza e luce.

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