I
Tu sei un insetto molto strano
e non smetto di guardarti
specchiandomi in dieci finestre verdi
II
Ci svegliamo nudi
non apro mai gli occhi
lui mi dice ‘Sei un mercoledì senza Modigliani’
io mi metto a parlare di Guernica
un grosso pipistrello succhia sangue
fuori dal balcone a pagamento
III
Muoviamo le antenne
c’è un’enorme stupidità,
un laccio nero sul polso di ogni buono
le vene mi salgono fin dentro agli occhi
e posso farmi una pera di eroismo pieno
salvando da un lato all’altro la mia testa di ferro
IV
Vi lascio andare
ed è così che funzionerà:
premerò forte sulla guancia di un prete
e non avrò unghie affilate nella mia metamorfosi
V
Tu provi a distogliere lo sguardo
ma le mie iridi sono puntate sulla tua fronte
come una febbre insolente e furiosa,
allora mi dici che cambierò
ed avrò orecchini e lana e
miriadi di ali
e visioni imperfette,
farò uscire la mia testa di ferro e ruggine
da dieci finestre verdi
e saprai bene
che la mia mente diventerà un canto deforme,
non ci sarà una fine conclusa e saggia
né un vero corpo,
così continuerò a cambiare denti e ciglia,
farò rotolare un’enorme stupidità
giù dal monte dorato su cui i saggi e i buoni
aprono ali da pipistrello succhia-sangue
VI
Lui ha un battito molto lento
e c’è Guernica affranta, gialla, molto onesta
sopra le nostre teste
una mezza luna sorridente
affondata nel mio petto,
il nostro respiro blu
scappato via da una pipa antica
ci farà credere in una verità piena di buchi
e in uno splendore di fiori chiari
VII
Così tu sei un insetto molto strano, mondo,
e avrò letto troppe pagine immaginarie che ti descrivevano
severo e rotondo intorno alle catastrofi della Terra,
ma tu stai mutando ed io cambierò le mie lenzuola
coi tuoi fulmini e lavoreremo assieme
su una forma che spazzerà via
l’enorme stupidità dipinta sulle tue mani
e le dita di Picasso
e i miei denti spuntati fuori da gengive
calde e nuove
ed una poesia inutile
in un tempo di piccole città
piene di colli e luci vere,
formeremo migliaia di cerchi stellati,
faremo quadrati bizzarri
come mosche buone e sagge
scese dal monte dorato degli stupidi
che portano una croce di non movimento,
guarderemo la gente ferma
e allora potremo buttare acqua su statue di sale
e vedere la facilità dello sciogliersi di lacrime
fino a creare un mare immenso, mondo
in cui io e te nuoteremo soli
riuscendo a convincerci del fatto che sono i nostri occhi
(enormi e fissi)
a poter finalmente guardare un sole gigantesco
circondato da fruste di fuoco,
santificato come un monte preziose e caldo
dagli stupidi e dai perdenti,
ma tu hai dieci finestre verdi
(attraverso cui il suicidio potrebbe esser facile)
però preferisco affacciarmi piano
e guardare lo scorrere di formiche frenetiche
le strisce nere e lontane, portarti addosso
e tu sei morto, mondo
un insetto nero e gigantesco
mangiato vivo per mille notti senza luce.
Ora tocco il ciondolo impresso nel mio petto
(una mezza luna sorridente)
e sarò il satellite che si volterà ed entrerà nelle sue coperte povere
che lascerà le maree fare ogni cosa,
che si disinteresserà del flusso di ogni fiume
e di ogni donna dai capelli neri,
sarà un’epifania, ed il suo corpo nudo
si sdraierà accanto ad un cuore lento
mentre Guernica potrà cadere,
centinaia di battaglie spargeranno fiori
di globuli scuri,
ma io verrò affrancata da ogni cosa
e sarà forse mercoledì.