Spesso mi assento
tirando pugni al vento
e raglio col maglione
grigio asino che a scuola
non sapevo decifrare
neanche la mia scrittura.
Raccoglierei ogni folata
nell’ispida gola,
profonda è la conoscenza
dei gusti a gestire bolle
e fessure gradevolissime
al palato glabro.
Un boccone amarognolo
s’assapora tramite
il tramortito tramonto dei sensi.
Col grigiore della sera, ombra
mia che sguinzagli la paura
tra lacrime copiose, abbai
in un angolo desolato a sfamare
voglie d’assalire l’innocenza
di un mattino fresco
che nascerà già stanco.
Col grigiore la ragione luccica
e saprebbe anche accreditare
postulati di identificazione,
lucida condanna il martirio
dell’attività neuronale
spremuta
nell’asettico splendore.