Imago

Assomigliare a un fischio
di sbieco
l’aria
stringe gli occhi
e il fiato sul monte è Dio
che fuoriesce da me
da noi
noiosi monologhi
di mattine emerse
e mai scarlatte
come le spine della carità
che ci adagia su un’isola
di fianco ad un amico immaginario,
immatricolabile per circolare
tra le imperfezioni dell’umano.

E’ come sentire il gusto di latte
l’accoglimento al grembo
invece è il vento a disossare
l’ebbrezza del percuotere,
che sempre io, così arso,
giocavo con la luce
per scattare foto immaginali
di un mescolarsi di me ed io
più attinente all’idea di chi sono

io.

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