Partiamo dall’inizio, cos’è la “sciara”? Per “sciara” i siciliani intendono sia la lava, sia la distesa lavica. Per chi abita sull’Etna la “sciara” è terra. Terra nera, fatta di polvere, pietre e lapilli che per composizione chimica e minerale è molto fertile. Terra dura, di ferro e contundente, perciò tagliente. Sciara mai uguale perché sottoposta a continui smottamenti. Terra viva o per dirla come Luchino Visconti, “Terra trema”. Qui ogni istante vige la regola del Panta rei di Eraclito, perché su un vulcano “tutto si muove e nulla sta fermo”. Ed è di questa evoluzione che sembra parlarci la poeta Nicotra. Un’evoluzione racchiusa tra due tempi precisi: quello della sua genesi e quello della maturità conquistata. L’indizio è molto marcato nella silloge, perché c’è un forte parallelismo tra la poesia con cui si apre e quella che la chiude. Cercherò di spiegarmi meglio avvicinandomi al testo. Partiamo dall’incipit : Nacqui e furono schizzi di sangue / gettati sui piedi, / e grida di ventre e tormenti / di sciara tagliente […] Ed ora saltiamo all’ultima poesia che si apre con questi versi : Sciara, sciara tu sei / che i piedi miei scalzi / si tagghianu[1] / sentendo a to’ vuci[2] […] C’è un motivo, per cui i piedi, sporchi del sangue materno continuano ancora a tagliarsi nel ritorno all’origine sulla sciara tagliente. Un dolore che vedremo essere riposto in ciò che è Madre. Ma la corrispondenza tra i due testi non finisce qui. Leggiamo infatti nel primo testo: Con disiu[3] di seno, Madre, a te / mi sono aggrappata. E nell’ultima : Bucchitta china[4] di tormenti / un boato di guerra sei / ma l’amore tuo / mi pigghia[5] / all’ummira[6] dei pini / mi fa fimmina[7] saziata. Quindi c’è un disiu, un desiderio tra il nutrimento dell’infante al seno materno, e una tensione che nell’età adulta assume un valore sessuale che solo la Sciara riesce a saziare. E volutamente ho utilizzato la lettera maiuscola, perché c’è qualcosa di panico, suggerito anche dall’ombra sotto i pini, di mitologico, dove la Sciara, l’Etna o come la chiamano i siciliani “a’ muntagna” diviene quell’Arcadia felix, luogo felice dell’infanzia poi turbato dalle varie esperienze, ma comunque centrale e presente proprio come una madre. Ed è proprio questo viaggio di passaggio, appuntato nelle poesie del corpus dell’opera che restituisce il valore dell’esistenza. Chiudo con una piccola precisazione, volta a non scoraggiare il lettore che sia digiuno del dialetto siciliano. Sono rare le poesie in cui sono presenti parole del vernacolo. Non vi lasciate ingannare dalle due che io ho citato. Lì credo fosse un’esigenza insormontabile, parlando della Madre, quella di utilizzare il linguaggio materno.
Sebastiano Adernò
[1] tagliano
[2] la tua voce
[3] desiderio
[4] bocca piena
[5] mi prende
[6] all’ombra
[7] femmina
Rossana Nicotra è nata alle pendici dell’Etna nel 1981. Vive in Piemonte dove svolge il lavoro di insegnante in una scuola primaria. Ha partecipato a diversi concorsi nazionali e internazionali ottenendo dei riconoscimenti. Alcune sue poesie sono state pubblicate in antologie e riviste. Sciara tagliente è il suo libro d’esordio.