Un’ora di storia

lucio fontana

Potrei iniziare dalla storia se la storia avesse inizi e un inizio coincidesse per davvero in un punto, ma appena un passo di argomenti mi dilata gli attimi in un’alzata di ricordi interminabili e tutto è granulare intorno a me, la matita mi scivola e lo specchio si espande, persino il lampadario illumina risposte a strapiombo; 
cosi mi siedo e sto tra una pace e una guerra con reggimenti morti a destra e a sinistra bandiere a garrirne furori e glorie: 
qui è tutto un ripetersi di gesti innati, una mania a vincere il tempo in confini d’acqua e vetro, altezze che non stanno in una mano.
Potrei imparare meglio uscendo per le strade, tracciando geografie di condomìni rosi
sfogliando gente altrettanto morta che scalpita mancanze al metro quadro, sostando un secondo di più nel vuoto addizionale d’un transetto gotico dove un ammasso di confini regge abissi per scale di volte imprendibili persino a Dio.
Ma un controvoglia di lancette mi asseconda, mi tiene in un bicchierre cause e effetti alla noia ed io non sto in nessun punto, non in un fuoco del mondo e la mia storia la riscrivo centinaia di volte appena

il cavo dell’occhio è dilatato, dunque, per contenere acqua stagna
tutta la stanza mi domanda spazio
nessuna impalcatura 
intrappola le lettere alle labbra

un verso fa miracoli tra i denti
persino abbraccia le distanze 
i piedi avvertono la terra
la sedia dove siedo è a un passo da qui
fuori comincia il mondo

non capita opportunamente questo tempo
in quest’ora precisa di niente
dove niente si muove
di niente si vive e si respira
e addirittura niente muore.

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