domenica diciannove quattro duemilaquindici

settecento circa.
700 circa.
in parola o in numero
non cambia nulla.
in settecento circa
“stipati su un peschereccio come animali”, per dirla
come fanno i telegiornali,
“ammassati sulla speranza con le loro anime”, per dirla
come farebbero i poeti,
ma non esiste più poesia
oggi, né ieri, quando successe,
né domani, quando succederà, ancora.
non esistono più settecento circa
nomi da pronunciare,
non riempiono più le bocche
delle famiglie lasciate,
ma solo il mare
e mai sapranno le madri e i padri
dello sprofondare,
in quel canale di Sicilia
grande come settecento circa oceani,
dei loro figli assetati
e spogliati dal sale
settecento circa
“immigrati, ingrati, profughi,
negri, clandestini, primitivi”
o settecento circa
persone, con settecento circa
voci da sempre
e per sempre
costrette a strozzarsi nel silenzio.

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