Il Sonno dei Papaveri

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Fui tanto esemplare nelle mie faccende
che poco disse di me la caduta inetta
La schiena arcuata, il dolore lancinante
e le ore come melassa amara sulle ferite

Fui poco bravo con la lama, con il sorriso a denti finti
a tagliar netto. Un ciclostilato di sangue sulle gengive
e sulla lingua morbida come premio allo splendore

Quel sapore particolare, non lo potei dimenticare
L’odore penetrato, originale_animale senza scampo
E lo scalpitio degli zoccoli verso
il rosso spiraglio d’immoralità ovina
La fine spessa ed attesa
alle porte dell’uscio intergalattico

Se solo avessi spinto il tanto che bastava
il tanto corretto, se solo non tremasse la codardia
sopra tendini di paraffina
Del sacrificio dell’agnello sarebbe storia, forse breve
ma concisa, netta come inciso sopra i polsi

Se solo, l’ausilio del sonno dei papaveri
non fosse scivolato lontano dalla reale autonomia,
dalla reale necessità del dolore
Ogni cosa sarebbe stata lineare, semiretta

Una partenza semplice
verso la chiusa infinita

Un non rubar tempo
che non m’appartiene

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