Son quelle impronte, certe nei ritorni a casa, madre
Quell’amore che s’interpone tra gli infissi della mia agonia,
che mi spaventa.
Quand’anco un solco in terra galoscia arricchito dal cielo
Io resto nudo al vento, flirtando di freddi supplizi e spazi vuoti.
E quando ho smesso di volere? Quando la fine è sopraggiunta
con una spinta? Lasciando dietro la vita inviperita
ad un passo dalla dannazione
Come fosse morto il tempo
degli arabeschi
e di coriandoli sparsi, l’ombra
ingiallita – muffa alle catene
sui fiori marmorei della Tua tomba
La certezza matematica
d’uno squarcio cristallino, perfetto
sopra i giunti cardanici ed arresi.
Fiotti in rivoli giù, perpendicolari
ed isterici
lungo i muri della mia costernazione
Oh è un dolore che non riconosco
questo calore sopraggiunto.
Questo amore non m’ama.
M’è trappola