Enea Roversi: sulla poesia ed altri inediti.

 

 

 

Sono convinto che la poesia non serva a nulla e di certo non salverà il mondo.

Sono altrettanto convinto, però, che non possiamo farne a meno: io, per lo meno, non posso rinunciarvi.

Il mondo poetico poi è un microcosmo pieno di difetti, intriso com’è di autoreferenzialità, gelosie, ripicche, rivalità da cortile, piccinerie, ego debordanti, persino scambi di insulti e cattiverie piccole e grandi.

È uno stagno nel quale si sguazza, cercando di tenere la testa fuori e respirare, cercando di dare un senso al proprio scrivere e adoperandosi per scoprire e leggere le cose che già esistono e che hanno senso.

Perché, per fortuna, in questo microcosmo pur così imperfetto, c’è anche tanto di buono.

Sono uno di quelli che legge molta poesia: credo che sia imprescindibile farlo, se vuoi soltanto azzardarti a scrivere qualcosa.

Personalmente non credo che la poesia debba dare certezze, dire verità incontrovertibili o stabilire dogmi, ma che debba, al contrario, stimolare il lettore instillando in esso dubbi e incertezze.

Amo la poesia complessa (che a volte può essere anche complicata) e penso che non sia necessario che debba essere per forza capita: questo mio pensiero riguarda non soltanto la poesia, ma l’arte in genere e mi sono trovato in contrasto spesse volte con amiche e amici in merito a questo mio convincimento.

Al di là del fatto che la poesia la leggano in pochi, che i libri non si vendano e che i poeti sembrino destinati a un futuro simile a quello dei panda nelle riserve ambientali, penso (e qui concludo) che la poesia sia una forma di espressione artistica tutt’ora estremamente attuale, oserei dire addirittura moderna.

Se in quello che ho fin qui detto si possono palesare delle contraddizioni, non c’è nulla di male: che cos’è in fondo, la poesia, se non un insieme infinito di contraddizioni?

 

il peso delle parole

 

riappare (eccolo) il peso delle parole

ostinato e greve       confuso con

la grammatura della carta

per astratte materie e indivisibili misure

verso distinte e confinanti unità

si riavvolge il labirinto dei pensieri        degli elementi

assoluti         così imperfettamente congrui                 i solchi

le indelebili macchie fra le righe e gli spazi

poi la coerenza da non dimenticare mai

lo stile cercato nei cassetti e dentro la polvere dei libri

la fatica della ricognizione                       tutto ha un inizio

nulla si conclude qualcosa rimarrà o

magari no     forse soltanto un peso inutile

un debordante avanzo di vuoto

e la scialba consapevolezza che il

tempo sposta le nuvole e

inchioda i sentimenti

alle pareti                 per ogni anima perduta

 

(2018)

 

 

il centro del mondo

 

ma io lo ricordo ancora il nostro

primo bacio, ricordo bene la fontana

al centro della piazza, nel borgo

toscano che era in quel momento

il centro del mondo

del nostro mondo

delle viscerali emozioni, nostre

incorruttibili e torride

di tutto quell’essere così

semplicemente quello che eravamo

quello che consapevoli ancora saremo

 

(2020)

 

 

 

nulla da temere

 

tutto quello che pensi proprio tutto

sminuzzato e ridefinito

la voce rimodulata

nella curva del tempo

puoi scendere di corsa

le scale, ora

il tracciato elettrocardiografico

risponde bene, nulla da temere

a parte questo statico senso

di deprecabile solitudine

 

(2020)

 

 

 

 

Noce 2020

 

strade infinite, oltre lo schermo

impercorribili e irraggiungibili

come un sentiero di azzurro siderale

pietre, segni indistinti, dubbi

e un pezzo di carta appallottolato

i dispositivi di plastica monouso

abbandonati nel deserto inesplorato

qualcuno si muove lentamente

altri corrono scomposti e  veloci

sono ormai smarrite le impronte di ieri

di quando un foglio di calendario

ti gettava dietro le spalle il segnale

dell’arrivo e un minuto all’occorrenza

sapeva durare più a lungo della paura

 

(2020)

 

 

 

 

rumore

 

tutto questo rumore che copre

ogni nostra azione ogni nostro

pensiero, che ammorba le case

le strade, inquina la ragione

percuote il cielo annerendolo

il rumore che sporca l’aria

travolge i vetri chiusi penetra

le serrande abbassate

questo rumore fastidioso e volgare

immagine di un’umanità imbarbarita

il rumore che ti fa imprecare

a volte piangere più spesso bestemmiare

scende come mandria furiosa

sconquassa assale fagocita

sbaraglia umilia rompe

tutto questo rumore

insopportabile e opprimente

poi d’improvviso più niente

 

(2020)

 

 

 

 

aggettivi

 

attenzione al prossimo bagliore

interromperà il battito

della farfalla

e la corsa a valle dell’acqua

un intero millennio in un istante

a balenare di fragore muto

uno scempio di detonazione

toglierà il respiro agli animali

e non ci sarà spazio non più

spazio sufficiente non ce ne sarà

un infinito raccolto infinitesimale

nell’orizzonte buco nero

la memoria spaccata in due

gli aggettivi ormai finiti

 

(2020)

 

 

 

dagli occhi

 

mi esce dagli occhi questa strana

e anche dal cuore è anche il cuore

mi esce rientra ritorna come apparizione

deglutire il suono del giorno

vissuto con masticazione lenta

esce dagli occhi questa strana

alimentazione e si prova a volte

a ristabilire il valore nutrizionale

dagli occhi questo strano nutrimento

dello spirito e del corpo le membra sfasate

confusa apparizione che esce e rientra

occhi questa strana artefatta

cognizione e ricognizione rifiuto e opposizione

spalancata la bocca lo sguardo si confonde

di nutrizione che si fa forma rappresa

mi esce dagli occhi questa strana

abbondanza di forma e contenuto *

 

 

*(osservando meglio, da vicino, non si vedeva nulla)

 

(2020)

 

 

 

zero-sette-zero-otto

 

Le foglie calpestate per abitudine

cercando di dare un senso

al passo, mai così insicuro.

Nessun lamento dal centro della terra

né tracce di mani o capelli strappati

nessuna voce a infrangere il silenzio.

Arriva intenso l’odore: questa

non materia, così immobile e guasta.

Ci si guarda attorno, puntando l’occhio

a indefinibili confini da marcare

si cerca il guinzaglio smarrito

oppure la moneta conservata

da riporre nella tasca.

Qualcuno è pronto a offrire alternative:

l’indicazione per una via di fuga

il metodo infallibile per ringiovanire

o la riscrittura di un moderno vangelo.

Nessuna voce dal centro della terra

nessun lamento dalla tromba delle scale

solo qualche traccia umida sulle foglie

e un passo ancora non del tutto ritrovato.

 

(2020)

 

 

 

incidenti di percorso

 

ai margini di un marciapiede irrisolto

di una foresta pluviale incompleta

a ridosso di una montagna incantata

di un equinozio rumoroso

piove un catalogo di nubi gialle

i visi delle donne hanno rughe nuove

amo vederle con la pelle bagnata

scuotere i capelli nell’uscire

dall’acqua     ed è in quel preciso istante

che ritrovo la tempesta raccolta

in un bicchiere di carta     è in quel

preciso istante che ricordo assai bene

certi tragici amori non corrisposti

che cos’erano in fondo se non

banali incidenti di percorso

piccole macchie da cancellare

fotografie da sminuzzare

tralasciando il malessere oscuro

solo così avverrà la liberazione

non ci saranno inopportuni ricordi

non ne rimarrà nulla         proprio come

una luce all’improvviso spenta

un foglio strappato un ultimo respiro

proprio come un’impronta sulla sabbia

in un giorno afoso di prima estate

 

(2021)

 

 

 

 

 

Enea Roversi è nato a Bologna, dove vive. Si occupa di poesia da molti anni, collaborando  con diverse realtà. Più volte premiato e segnalato in numerosi concorsi, è stato pubblicato su riviste, antologie e blog letterari e ha partecipato a diverse letture e rassegne poetiche. Le sue ultime raccolte pubblicate sono: Incroci obbligati (Arcipelago Itaca, 2019) e Coleoptera (Puntoacapo Editrice, 2020).  Fa parte dello staff organizzativo del festival Bologna in Lettere fin dalla prima edizione. Si occupa anche di arti figurative (collage e tecnica mista). Gestisce il blog Tragico Alverman e il sito www.enearoversi.it .

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