Alessandro Manzoni / Caffè letterario

 

Autoritratto

Capel bruno: alta fronte: occhio loquace:
Naso non grande e non soverchio umile:
Tonda la gota e di color vivace:
Stretto labbro e vermiglio: e bocca esile:
Lingua or spedita or tarda, e non mai vile,
Che il ver favella apertamente, o tace.
Giovin d’anni e di senno; non audace:
Duro di modi, ma di cor gentile.
La gloria amo e le selve e il biondo iddio:
Spregio, non odio mai: m’attristo spesso:
Buono al buon, buono al tristo, a me sol rio.
A l’ira presto, e più presto al perdono:
Poco noto ad altrui, poco a me stesso:
Gli uomini e gli anni mi diran chi sono.

*

Alla sua donna

Se pien d’alto disdegno e in me securo
Alteramente io parlo e penso e scrivo
Oltre l’etate e il vil tempo in ch’io vivo,
E piacer sozzo e vano onor non curo;
Opra è tua, Donna, e del celeste e puro
Foco che nel mio petto accese il vivo
Lume de gli occhi tuoi, che mi fa schivo
Di quanto parmi, al tuo paraggio, impuro.
Piacerti io voglio; né piacer ti posso,
Fin ch’io non sia, ne gli atti e pensier miei,
Mondo così ch’io ti somigli in parte.
Così per la via alpestra io mi son mosso:
Né, volendo ritrarmene, il potrei;
Perché non posso intralasciar d’amarte.

*

A Carlo Porta

Lingua mendace che invoca li Dei
Essendo in suo cuore ateo mitologico
Tu credesti ingannare i sensi miei
Con stile affettatamente pedagogico.
Del qual giammai creduto io non avrei
Che mi stimassi tanto cacologico
Da non discerner sensi buoni e rei
Sotto il velame di linguaggio anfibologico.
Falso avvocato in fingerti difensore
Per tirare in rovina il tuo cliente:
Oh stelle! oh Numi! chi vide un tale orrore?
E per tradire ancor più impunemente
Pigliare un nome caro all’alme Suore
Come la tua inizial spergiura e mente.

*

A Francesco Hayez

Già vivo al guardo la tua man pingea
Un che in nebbia m’apparve all’intelletto:
Altra or fugace e senza forme idea
Timida accede all’alto tuo concetto:
Lieto l’accogli, e un immortal ne crea
Di maraviglia e di pietade oggetto;
Mentre aver sol potea dal verso mio
Pochi giorni di spregio, e poi l’obblio.

*

A Francesco Lomonaco

Francesco, e’ non fu mai chi per sentiero
Sparso di fronde e fior fino a verace
Gloria franco poggiasse, o bello o vero
Quaggiù cercando, o s’altro ai savi piace.
Poiché invidia furente in sul primiero
Varco s’affaccia, e ʽl vulgo, a cui dispiace
Quanto è gentile, e degli affetti il fero
Stuol, che in sublime cor sempre è più audace.
Tu invidia, e vulgo, e te pur vinci, saldo
In tua fera virtù sempre, e nell’irto
Manto di Stoa ravvolto: oh vero in terra
Felice! io pien d’alto disdegno, e caldo
Di duo begli occhi or cerco lauro or mirto,
Col mondo sempre, e con me stesso in guerra.

*

da Il V Maggio

Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore,
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
La terra al nunzio sta,

Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
Vide il mio Genio e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:

Vergin di servo encomio,
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.

*

Novo intatto sentier segnami, o Musa

Novo intatto sentier segnami, o Musa,
Onde non stia tua fiamma in me sepolta.
È forse a somma gloria ogni via chiusa,
Che ancor non sia d’altri vestigj folta?
Dante ha la tromba, e il cigno di Valchiusa
La dolce lira; e dietro han turba molta.
Flora ad Ascre agguagliosse; e Orobbia incolta
Emulò Smirna, o vinse Siracusa.
Primo signor de l’italo coturno,
Te vanta il secol nostro, o te cui dièo
Venosa il plettro, e chi il flagello audace?
Clio, che tratti la tromba e il plettro eburno,
Deh! fa che, s’io cadrò sul calle Ascreo,
Dicasi almen: Su l’orma propria ei giace.

*

(da Tutte le poesie, a cura di Luca Danzi, Milano, Rizzoli, 2012).

Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785 da famiglia nobile e illustre. Sulla sua formazione culturale influiscono l’educazione religiosa (studia infatti nei collegi dei Somaschi e dei Barnabiti), i classici della letteratura latina (soprattutto Virgilio e Orazio) e italiana (Dante e Petrarca in particolare). A ciò si aggiungono gli influssi dell’Illuminismo e del cattolicesimo liberale, l’ammirazione per alcuni autori suoi contemporanei (Alfieri, Parini, Monti, Goethe, Rosmini) e, infine, l’avvicinamento alla fede cristiana maturato nel 1810, due anni dopo le nozze con Enrichetta Blondel.

Poeta, scrittore, drammaturgo e studioso, Manzoni è il grande cantore degli ideali risorgimentali e uno dei più importanti artefici della letteratura nazionale italiana. Il suo stile letterario ingloba e sviluppa in modo unico e distintivo le istanze del Neoclassicismo e del Romanticismo.

Al suo genio letterario vengono tributati già in vita prestigiosi riconoscimenti, sia pubblici che accademici. E’ Senatore del Regno d’Italia dal 1860 al 1873.

Non altrettanto felice è la sua vicenda privata, angustiata da numerosi lutti e da diversi problemi di salute. Muore a Milano nel 1873 per le conseguenze di un trauma cranico.

La sua vasta produzione comprende opere poetiche, tragedie, romanzi, saggi di vario argomento, sermoni, lettere, dialoghi e scritti linguistici. Annoverati fra i grandi classici mondiali più letti di tutti i tempi (nonché parte essenziale dell’iter formativo scolastico e universitario) sono il romanzo storico I promessi sposi (1825-1842), gli Inni Sacri (1815), le tragedie Il Conte di Carmagnola (1820) e Adelchi (1822), il saggio Storia della colonna infame (1840) e l’ode Il Cinque Maggio (1821) scritta in occasione della morte di Napoleone Bonaparte.

Donatella Pezzino

Immagine: “Abingdon”, dipinto di Joseph Mallord William Turner (1806).

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