Margherita Guidacci / Caffè letterario

All’ipotetico lettore

Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa’ che siano
allora come foglie e come vento
assecondando il suo volo.
E sappi che l’affetto nell’addio
non è inferiore che nell’incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.

*

Stella cadente

Alcuni desideri si adempiranno
altri saranno respinti. Ma io
sarò passata splendendo
per un attimo. Anche se nessuno
mi avesse guardata
risulterebbe ugualmente giustificato –
per quel lucente attimo – il mio esistere.

*

Lascia sia il vento

Lascia sia il vento a completar le parole
che la tua voce non sa articolare.
Non ci occorrono più le parole.
Siamo entrambi il medesimo silenzio.
Come due specchi, svuotati d’ ogni immagine,
che l’uno all’altro rendono
un semplice raggio. E ci basta.

*

È come una mancanza di respiro

È come una mancanza
di respiro ed un senso di morire,
quando mi stringe improvviso
il desiderio di te tanto lontano
e nulla può calmarlo, altro pensiero
non può occuparmi, tranne il Paradiso
che sarebbe per me lo starti accanto.
Ma poiché ciò m’è negato, più cara,
molto più cara d’una fredda pace
mi è la stretta indicibile
quasi marchio di fuoco che proclami
ancora e sempre quanto sono tua.
A nessun costo vorrei separarmi da questo mio dolore.

*

Nessuna parola

Poiché non mi veniva nessuna parola
(la parola era “addio”, ma non riuscivo a dirla)
ti ho dato il mio silenzio
ed ho ascoltato il tuo,
e non è stato un vuoto, ma condivisa pienezza
e ancora gioia, mentre accettavamo,
come la terra, un nostro tempo di neve,
bianco grembo d’attesa delle future estati.

(da Margherita Guidacci, Le Poesie, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1999)

Margherita Guidacci nasce a Firenze nel 1921. La sua prima giovinezza viene rattristata da malattie e lutti familiari; questo vissuto, intrecciandosi a motivi religiosi e ad un’esistenza prevalentemente solitaria, contribuisce allo sviluppo di una poetica tutta incentrata sull’introspezione e sul rapporto con la natura.

Con il tempo, questa dimensione interiore perde progressivamente la primitiva chiusura per evolvere in uno stile poetico più aperto e comunicativo. Non a caso, l’autrice toscana rifiuta di aderire all’ermetismo, considerandolo poco affine al suo personale sentire.

Si laurea a Firenze nel 1943 in Letteratura Italiana con una tesi su Giuseppe Ungaretti, conseguendo poi la specializzazione in Letteratura Inglese ed Americana. Dapprima insegnante di latino e greco nei licei statali, ottiene negli anni Settanta la cattedra universitaria di Letteratura anglo-americana a Macerata e, dal 1981, alla Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma. All’insegnamento e alla scrittura, la Guidacci affianca anche un’intensa attività di traduttrice. Muore a Roma nel 1992.

Tra le tante raccolte poetiche di Margherita Guidacci spiccano La sabbia e l’angelo (1946), L’altare di Isenheim (1980), Inno alla gioia (1983) e Anelli del tempo (1993). Altrettanto numerosi gli autori stranieri da lei tradotti, da Emily Dickinson a Ezra Pound, da Joseph Conrad a Mark Twain.

Donatella Pezzino

Immagine: “Ritratto di Madame Reynouard”, dipinto di Amedeo Modigliani (1916).

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