ARCHIVIO DEL BIANCO di Stefania Onidi

Le prime due poesie sono una conseguenza dell’altra: cadere e farsi male. Quasi come se il dolore fosse un dazio da pagare per poter prendere parte al resto delle cose. Ed in effetti è così. Solo chi ammette di poter soffrire partecipa al vero. E così la poeta ci rivela che non è spettatrice. Perché sul bianco del foglio compare il rosso del suo sangue. Però è una ferita che si è chiusa. Ed è di questo che ci vuole parlare. Di una storia d’amore in cui si rivolge ad un anonimo interlocutore. Lei scrive versi, lui tace. Sembra stare a margine, così suggerisce il titolo di questa sezione. L’ amore è raccontato, l’amore è andato, c’è una casa nuova, ma vuota, dove il divano è freddo, i silenzi ingombrano ma anche le parole sono inutili. Si ricicla il ricordo, si tenta l’evasione, ma come ci dice la poeta non si riesce a vivere il presente indicativo. E forse è qui che sta l’archivio, o almeno il tentativo di archiviare, per andare oltre. Ma mi fermo per fare alcune considerazioni utili all’analisi dell’opera. Intanto sulla brevità dei testi, che preferiscono tacere al posto di dire troppo. E funzionano come piccole scene condensate. Leggendo si ha l’impressione che si chiuda e si riapra un sipario ad ogni poesia. Perché sembrano movimenti sottratti ad una grande trama e cristallizzati dalle parole in versi. Portati su un palco tutti con un fondale rigorosamente bianco. L’altro appunto che mi preme fare è legato all’altra grande passione di Stefania Onidi, ovvero la pittura. Ed in questo lavoro credo sia molto chiaro lo scambio biunivoco tra le due discipline dato che le sezioni successive si chiamano: campiture e tele e armature.  Così come anche le colte citazioni dei pittori, utilizzate come metafore universali di una specifica visione delle cose. Una visione anche morale, perché leggendo più volte, pare emergere questa lezione: ovvero che ci vogliono buoni motivi e sani principi per “deturpare” il bianco, per fare un segno, per scrivere una parola, per rompere un silenzio.

 

 

Stefania Onidi è nata in Sardegna. Laureata in lingue e letterature straniere all’Università di Cagliari con una tesi sulla poesia spagnola contemporanea, vive a Perugia, dove affianca il suo lavoro di insegnante alle attività di poeta e pittrice. Ha pubblicato Archivio del bianco (Terra d’ulivi, 2020), la silloge illustrata Quadro imperfetto (Bertoni, 2017) e altri testi presenti in antologie e riviste letterarie. Una selezione di poesie è stata tradotta in inglese e pubblicata nel “Journal of Italian Translation” – Volume XV, Number 2, Fall 2020. Ha tradotto dallo spagnolo testi di Gloria Fuertes per “La Náusea Revista de arte y literatura”. Ha esposto in collettive d’arte contemporanea nazionali; recentemente ha illustrato il volume Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla rete a cura di Alma poesia (Puntoacapo editrice, 2021). Fa parte del team di grafica e design della rivista online “Morel, voci dall’isola”. Collabora a “Menabò” quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria di Terra d’ulivi edizioni.

 

 

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