CHE DIRAI A TUO FIGLIO

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quando la neve coprirà le dita
i piedi avranno freddo

e un ramo spezzato
al suolo

nero a foglie verdi
rammenterà

i giorni a fiori

*

Non vedi più quel giorno

perché è passato e non sai
riesumare il cuore.

Non vedi più quegli occhi

perché sono occhi tuoi
che più non hai

*

Attraverso un cipresso
l’occhio del sole.

Tu, orizzontale
non sai se sale o se scende

e lontano lontano dalle ceneri
t’abbracci a una

croce, una delle tante ombre
– lunga nenia che ti spilla l’anima

*

Se ti sparisse lo specchio
e con sé tutte le frottole e il senso

non rimpiangeresti il riflesso di un giorno

ma il tempo perduto e donato
al restauro di un viso

*

Siamo corsie

attraversamenti d’ospedale
letti di fiume

aria e vita, camminiamo
trapassati calpestati scolpiti

o intatte capsule cieche
rotoliamo

e flutti venefici ci spumeggiano
da costa a costa

ma se chiudo gli occhi
rivedo dove

la punta dei chiodi più spessi
ha creato calici

ai quali bere ancora
immediatamente dopo

il sonno

*

In cammino protesi sullo stelo

di legno – faticosa la figura
in bilico – fra schegge e angoli retti

ma un piede avanti l’altro, braccia aperte
una punta d’inferno si strofina

prima o poi – s’indovina la fiammata
che ci arde per intero e ci consegna

all’indietro – anneriti dalla notte
non prima del rossore d’ogni incanto

*

Notturno.
Si vede più chiaro.

La campagna frinisce un pazzo alfabeto
e il pozzo gorgoglia gioie e paure

dopo la pioggia.

Quale fatica
prendere fiato e attraversare

finire l’aria…
Quante bracciate ancora?

A riva, al sole
fa segnali, uno specchio.

A volte abbaglia
altre illumina.

Mi vedrai sempre, in un modo o nell’altro.
Vieni

*

Grazie
è una parola bellissima

ma una madre che
– dal cuore alle spalle

genera amore e forza
per sopportare la croce

comunque sosterrà
suo figlio

(ph. F. L. Ferrari)

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