Emilia Barbato, tre poesie da “Capogatto”

Dalla sezione Bastìa

Quel modo di essere luoghi

Quello che dovremmo recuperare con cautela
è il nostro modo di essere luoghi,
di raccoglierci e languire riflettendo l’aggressiva
decadenza delle cose, delle case, dei muri,
il progressivo franare dei margini delle strade,
dovremmo ammettere di contenere
la popolazione stanca di una baia
e il fastidio della sua aria salmastra, la noia
dei rami, capire di essere la riva dove si ripetono
le acque tristi e la terra, la solitudine
del bastione di Spa House che resta nell’incuria
e nel romanzo di quell’uomo che amava soltanto i bambini.

Dalla sezione Capogatto

settimana 1

Per convincerti, dispiega, tra rondoni
e papaveri, tredici miti settimane,
assiepati alle spighe d’orzo,
ai silenzi dei ruderi, misura
la produttività delle tue erbe
selvatiche, le tue farine mancate,
le semine e i concimi che hai omesso,
che loro avrebbero voluto.

settimana 2

Nelle acque del tempo diluisci questi pigmenti
finemente macinati, i minuti, le ore,
i giorni inoperosi, disegna
un paesaggio di brume,
cristalli opachi di galaverna,
che sia trasparente
l’urlo di queste tredici apparenti primavere,
risolvi quest’impressione di inattualità.

—-

Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971 e attualmente risiede a Milano. Laureata in Economia, ha pubblicato le raccolte di poesia Geografie di un Orlo (CSA Editrice, 2011), Memoriali Bianchi (Edizioni Smasher, 2014), Capogatto (Puntoacapo, 2016). I suoi testi sono apparsi in diverse antologie e sull‘Aperiodico ad Apparizione Aleatoria delle Edizioni del Foglio Clandestino.

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